La casa

versione Halloween ’23

“vendesi ottima casa indipendente ATTUALMENTE A REDDITO, molto luminosa, disposta su due piani con ascensore interno, composta da cucina, bagno finestrato, zona …”

Non è che vado in giro a comprare case tutti i giorni, qualcuno dovrebbe ufficialmente spiegare il gergo dei venditori di case, soprattutto ora che il mondo è diventato ancor più strano di quel che già era. Ho capito dopo, che il prezzo era così basso perchè l’agenzia (e il proprietario) se ne volevano liberare il più in fretta possibile.  Io credevo che “A REDDITO” significasse che si trattava di una bella casa a prezzo vantaggioso. Sulla carta, effettivamente sembrava bella e mi sarebbe piaciuto farla diventare la MIA casa. Che ne sapevo io che era abitata da tre sedentari, della specie peggiore? Non mi permettevano di entrare e non uscivano nemmeno per fare la spesa.

Avevo già utilizzato il servizio online per le pratiche magiche, ma mai avrei immaginato che fosse utile anche per sgomberare le case. Il modulo di richiesta, in questo caso, era abbastanza semplice: indirizzo e livello. Scelsi il livello base: i tre sedentari non mi parevano molto protetti da fatture e malocchio (a dire il vero, parevano degli sfigati zombie) e il prodotto base costava già parecchio per le mie finanze, prosciugate dall’acquisto della casa stessa. Dopo la conferma di pagamento, mi arrivarono i dettagli e le istruzioni per la disinfestazione successiva: gli inquilini avrebbero ricevuto un pacco regalo via corriere, tutto qua. Seppure fossi consapevole della serietà del servizio, che mi aveva tolto dai guai già parecchie volte su altre faccende, qualche perplessità l’avevo, ma gli eventi che seguirono mi permettono di dire che mi sbagliavo. Come da istruzioni, attesi un giorno intero dopo la consegna del pacco, e mi presentai quando il sole si trovava nel punto più alto possibile in cielo, poco prima di mezzogiorno, davanti alla porta d’ingresso. Giusto in tempo per vedere i tre inquilini che se ne andavano, sollevando i piedi il meno possibile da terra, con addosso vestiti più grossi di due taglie, uno zaino enorme e un paio di trolley a testa. “Se la prenda pure, questa casa infestata!” mi gridarono da lontano. Con soddisfazione, entrai. La quantità di risate che sentii non mi sorprese affatto: era la qualità, ad essere sbalorditiva. La scatola che aveva consegnato il corriere era ancora lì sul tavolo, con la scritta “Contiene trenta Fragorelli” in corsivo gigante, e il logo dell’azienda produttrice dei Fragorelli, un quadrato magico, formato dalle scritte ACME CRIM MIRC EMCA, che probabilmente nella nuova lingua emergente avevano un significato, ma a me parevano lettere a caso senza senso. Comunque, anche se il foglio delle istruzioni che mi avevano mandato per email era chiaro, ci misi un po’ a capire come catturarli, i trenta Fragorelli. La difficoltà non era tanto agguantarli, quanto tenerli nella scatola. Ne prendevo uno, lo mettevo nella scatola, e mentre ne acchiappavo un altro, quello di prima si liberava con l’aiuto di tutti gli altri, rimbalzava dal tavolo al soffitto al divano alla lampada, e tutti i Fragorelli ridevano, appunto, fragorosamente. La faccenda andò avanti tutto il pomeriggio e anche la sera, non c’era modo di farli smettere di sghignazzare. A mezzanotte, finalmente, riuscii a chiuderli tutti quanti nella scatola. Finalmente il silenzio. 

Maghi burloni

Fortunatamente, il fuoco al centro della tenda scaldava abbastanza quello sprovveduto di Fausto, che fino ad allora non aveva creduto alla magia e si era fidato dei due esseri mascherati che lo avevano convinto ad entrare nella torre a luci spente, per mostrargli che la magia esiste. Si era portato la torcia, ma i due lo avevano pregato di non usarla altrimenti la magia non sarebbe riuscita. Fausto, pur claudicante, appoggiandosi al bastone, gli aveva dato retta, e in un lampo si era trovato dentro alla tenda indiana, non sapeva come avevano fatto, ma di sicuro non se lo aspettava. Un attimo prima di svanire, i due gli dissero: “troverai un dado, avrai un solo tiro, tornerai indietro solo se uscirà il sei”. Poi svanirono, ridendo sguaiatamente. Fausto era seduto nella tenda, aveva trovato il dado, ma il timore di restare lì nel caso non fosse uscito il sei, gli impediva addirittura di osservarlo bene, figuriamoci di tirarlo. Fuori dalla tenda, non sapeva cosa ci fosse, né in che tempo fosse, l’unica cosa certa era il freddo. Prese coraggio e osservò il dado. Quei due burloni avevano soltanto voluto farlo spaventare: tutte le facce portavano sei puntini. Fece un sospiro di sollievo, mentre gli pareva di sentirli ancora ridere sguaiatamente.

10 e 30 del mattino

dadi distillati in 7 minuti

Erano le 10:30 del mattino, troppo tardi per un cappuccino e troppo presto per un aperitivo. In lontananza stavano arrivando le nubi che avrebbero finalmente portato la pioggia. L’esplosione fu così potente che al bambino seduto sulla panchina cadde il gelato e si mise a piangere per lo spavento. Danni apparenti non ne vidi intorno a me. Guardai di nuovo verso le nubi. Sotto di esse, poco sospesi da terra, ora si vedevano degli oggetti che sembravano sferici, globi luminosi arancioni. Forse erano droni. Ebbi in quel momento la certezza che le nubi non avrebbero portato soltanto la pioggia.

Il santuario dei gol

dadi trasposti in 7 minuti

“Una balena!” Gridò Pino, detto Abete. Era dalle elementari che lo chiamavamo Abete, ma anche se se l’era presa parecchio, non avevamo mai smesso. Comunque, una balena nel santuario dei cetacei era più che normale. La barca ondeggiava parecchio e la banana che avevo mangiato saliva e scendeva, ondeggiava nello stomaco. Finalmente raggiungemmo la terraferma. Al chiosco della spiaggia ordinai una tisana, mi guardarono tutti sbalorditi e mi presero in giro per un paio d’ore. L’ilarità gli passò durante la partita a pallone del pomeriggio: segnai 8 gol, e tutti muti. Per come stavo dopo pranzo, fu una bella soddisfazione.

Piña Colada

dadi dedotti in 10 minuti

L’automobile correva veloce mentre Alida, seduta al posto del passeggero, ubriaca come sempre, dal finestrino guardava il cielo coperto di nubi. Probabilmente di lì a poco si sarebbe messo a piovere. “Una banana!” esclamò. “Dove?” chiesi io “e dove vuoi che sia, in cielo?” rispose, ridendo. Comunque, guardai fuori, ma di banane volanti non se ne vedevano, solo stormi di uccelli neri, forse corvi. “Fermati!” gridò “Mi viene da vomitare!” bloccai la macchina poco dopo un semaforo. Alida scese e vomitò le tre Piña Colada che si era bevuta per merenda. Decisi che ne avevo abbastanza e ripartii lasciandola lì. Fu l’ultima volta che la vidi.